La donazione della nuda proprieta’ con riserva di usufrutto a favore del donante non configura il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. La terza sezione della Suprema Corte con la sentenza n. 30497 del 2016 ha cassato con rinvio due gradi di giudizio riguardanti un contribuente di Bolzano.

La vicenda trae origine dalla cessione della nuda proprieta’ da parte del contribuente ad un soggetto terzo. Il giudice di prime cure e la Corte d’Appello avevano ritenuto la donazione lesiva del disposto di cui all’art. 11 del D.lgs n. 74/2000 ed il contribuente era stato condannatoin entrambi i gradi di giudizio per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Prima di analizzare la decisione della Corte, vediamo cosa dispone l’art.11 del D.lgs n. 74/2000:

“È punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni”.

I presupposti del reato in esame sono: un elemento psicologico rappresentato dal dolo specifico (l’agente agisce per un fine particolare) ed un elemento materiale rappresentato da una azione fraudolenta finalizzata a vanificare, in tutto o in parte, l’azione esecutiva tributaria diretta all recupero coattivo delle imposte. Come sopra specificato, la Suprema Corte non ha ritenuto penalmente rilevante la condotta del contribuente che ha posto in essere la cessione della nuda proprieta’ ad un soggetto terzo (una persona cara) cinque mesi dopo avere ricevuto la notifica di alcuni accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Gli ermellini con la sentenza in esame hanno dato una interpretazione del concetto di “alienazione simulata” la quale deve essere intesa come “riferita ad ogni trasferimento del diritto di proprieta’ di un bene sia a titolo oneroso che a titolo gratuito: deve trattarsi di un atto simulato, caratterizzato da un contrasto tra la dichiarazione e l’effettiva intenzione di chi fa la dichiarazione”

Con la simulazione le parti dichiarano di porre in essere un negozio, di cui non vogliono alcun effetto (simulazione assoluta) oppure vogliono che si producano gli effetti di un negozio simulato diverso (simulazione relativa). Secondo gli Ermellini nelle motivazioni della Corte d’Appello non si e’ tenuto conto degli elementi evidenziati dalla difesa del contibuente; donazione della sola nuda proprieta’ ad un soggetto caro, con riserva di usufrutto a favore del donante e presenza di altri immobili nel patrimonio del donante. Diversamente dagli altri due gradi di giudizio, la Suprema Corte non ha ritenuto la condotta del contribuente penalmente rilevante in quanto priva dell’elemento del dolo specifico; il contribuente ha posto in essere un negozio effettivo di cui voleva ogni effetto giuridico e non finalizzato alla sottrazione fraudolenta di beni al pagamento delle imposte.


Avv. Sabrina Malaguti

Avvocato in Reggio Emilia

Registered European Lawyer in Londra

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