Le banche oggi decidono di accettare o meno la richiesta di finanziamento sulla base di specifici modelli di valutazione del merito creditizio (c.d. rating), che presentano il (solo) pregio di sintetizzare in un unico valore l’insieme delle informazioni riguardanti l’azienda istante, esaminate sotto tre profili:

  1. le caratteristiche dell’impresa (c.d. analisi qualitativa);
  2. il comportamento della stessa nei confronti della banca destinataria della domanda di finanziamento, nonché del sistema creditizio in generale (c.d. analisi andamentale);
  3. i valori di bilancio (c.d. analisi quantitativa).

1. Analisi qualitativa:

La prima fase dell’attività di studio, da parte dell’istituto di credito, riguarda alcuni aspetti di carattere generale, quali, ad esempio:

  • la storia dell’impresa, la forma giuridica, l’assetto proprietario della società, il sistema di amministrazione e controllo adottato;
  • la localizzazione geografica, talvolta rilevante nella misurazione del grado di rischio aziendale;
  • il settore di appartenenza ed il mercato di riferimento, ed il relativo posizionamento rispetto alla concorrenza;
  • la qualità dell’informazione aziendale, nonché l’efficienza degli strumenti di programmazione e controllo (budget, business plan, piani industriali e finanziari);
  • i fattori di debolezza e successo.

In altre parole, l’accertamento dei sintomi di difficoltà dell’impresa può essere operato sulla base dei modelli di valutazione del merito creditizio (c.d. rating) e, quindi, di un’adeguata analisi di bilancio, secondo le metodologie raccomandate dalla tecnica professionale, di cui nel prosieguo si illustra una possibile interpretazione applicativa, generalmente valida, anche con riferimento alle imprese che non presentano problemi di liquidità, crisi od insolvenza.

2. Analisi andamentale

La seconda fase del processo di valutazione del grado di rating dell’impresa riguarda lo studio del comportamento dell’impresa, nei confronti della singola banca e dell’intero sistema creditizio, agevolmente desumibile dall’Attestato della Centrale dei Rischi (ACR), richiedibile periodicamente alla Banca d’Italia, con riferimento a ciascun soggetto affidato (persona fisica o società).

L’analisi di tale documento consente di individuare alcune informazioni rilevanti ai fini dell’accertamento della probabilità di insolvenza dell’impresa, quali, ad esempio:

  • la storia e il trend del rapporto con la banca e il sistema creditizio in generale, degli importi accordati, nonché la loro natura;
  • la qualità del portafoglio e la rotazione dei movimenti di conto corrente;
  • la regolarità nei pagamenti e le eventuali sofferenze;
  • la rotazione dei crediti, la percentuale degli insoluti sugli effetti presentati al “salvo buon fine” e quella riferibile – se rilevante – ad uno specifico cliente;
  • il livello delle somme utilizzate e degli sconfinamenti, rispetto a quanto concesso, sia in termini percentuali che di durata;
  • il numero delle banche segnalanti.

Una particolare attenzione è riservata al c.d. autoliquidante, riguardante l’importo accordato per lo smobilizzo di salvo buon fine, effetti e fatture.

Ad esempio, se una società dispone di un accordato di 1.000.000 di euro da parte della banca X a fronte di un importo complessivo di sistema di euro 2.500.000, l’istituto di credito provvede a verificare:

  • l’incidenza del proprio affidamento rispetto al totale generale, con l’intento di desumere il grado di credibilità dell’impresa sul mercato finanziario;
  • la percentuale di effettivo utilizzo di quanto accordato, a livello di banca e singolo sistema, in quanto ritenuta espressiva, in funzione crescente, del grado di rischiosità aziendale.

In altri termini, più tale rapporto si avvicina al 100% tanto maggiore è il rischio dell’impresa.

Altre verifiche rilevanti riguardano, oltre agli eventuali sconfinamenti, il numero delle banche segnalanti, in quanto se crescente – in presenza di incremento di indebitamento – è valutata negativamente, così come la circostanza di richiedere un medesimo affidamento a più banche contemporaneamente, in quanto l’apertura dell’istruttoria comporta la segnalazione al sistema, per l’aggiornamento della Centrale dei Rischi.

Conseguentemente, il funzionario della specifica banca, responsabile della pratica, potrebbe essere influenzato, respingendo la richiesta dell’impresa, qualora sia venuto a conoscenza di analoghe istruttorie non andate a buon fine presso altri istituti di credito: in altre parole, l’impresa alla ricerca di nuove risorse finanziarie dovrebbe concentrare la propria attenzione sul solo istituto di credito presso il quale vi sono maggiori probabilità di accoglimento di una domanda di affidamento.

L’analisi andamentale si conclude certamente con un giudizio accettabile se l’impresa richiedente presenta un buon grado di ottimizzazione delle fonti di finanziamento, ovvero un adeguato equilibrio tra mezzi propri e debiti, nonché – all’interno di questi ultimi – tra passività correnti, maggiormente rischiose, e consolidate.

3. Analisi quantitativa

Il processo di valutazione del merito creditizio si conclude con la classica analisi di bilancio, fondata sulla sostanziale verifica dell’attendibilità dei dati contenuti nello stesso, sulla riclassificazione dello stato patrimoniale e del conto economico e sulla conseguente determinazione dei principali margini ed indici di analisi, come meglio illustrati nel prosieguo.


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Paolo Battaglia

Dottore Commercialista in Ragusa

ACA Chartered Accountant (ICAEW) a Londra


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