Con la nuova legge sul rientro dei capitali dall’estero (Voluntary Disclosure o Collaborazione Volontaria) il Governo mira a far rientrare i capitali detenuti all’estero da cittadini italiani e non dichiarati al fisco, con l’allettamento di un notevole abbattimento delle sanzioni per le mancate dichiarazioni negli anni prece-denti e per esimenti sul piano penale da un lato, e con l’accelerazione degli accordi di comunicazione automatica tra Paesi anche non white list (ad esempio la Svizzera) dall’altro.

La richiesta di ammissione potrà essere presentata entro il 30 settembre 2015. La disclosure non sarà amissibile se la richiesta verrà presentata dopo che il contribuente sia già stato interessato da una veri-fica o una ispezione fiscale.

Saranno regolarizzabili le posizioni fino al 31.12.2013. La collaborazione volontaria dovrà riguardare tutti i periodi di imposta per i quali non siano scaduti i termini per l’accertamento alla data della presentazio-ne della richiesta. L’apparato repressivo, particolarmente pesante, tornerà a dispiegare tutti gli effetti una volta conclusa la disclosure.

Ma la procedura conviene? Di certo l’accesso allo strumento potrà anche risultare molto oneroso, non fosse altro che le imposte si pagheranno per intero, ma, in molti casi potrà costituire un’opportunità.

Non è, però, possibile esprimere un giudizio astratto di valutazione di convenienza sull’uso dello stru-mento essendo moltissimi i casi e le contingenze specifiche da valutare uno per uno, anche alla luce delle modifiche che verranno apportate all’istituto del ravvedimento operoso con la legge di stabilità 2015.

Vedremo nei giorni a venire alcuni casi pratici e le loro conseguenze, però, in generale può dirsi che i vantaggi offerti dalla Voluntary Disclosure possono essere diversi.

Innanzitutto ci si mette al riparo dalla sempre più stringente morsa intorno ad alcuni paesi non white list (come attualmente la Svizzera) e ai loro sistemi bancari che stanno da diversi mesi “scaricando” i pro-pri clienti preannunciando la fine, di fatto, del segreto bancario. Si eviterà inoltre di incorrere nel reato di “Autoriciclagggio”.

Ancora, le sanzioni per la violazione dell’obbligo di dichiarazione (il quadro Rw) per chi abbia trasferito capitali in Stati white list oppure laddove si rilasci all’intermediario estero l’autorizzazione a trasmettere le informazioni al fisco italiano saranno ridotte al 1,5% dell’importo non dichiarato, e cioè metà del mi-nimo edittale e ridotte ad un importo pari al 4,5% dell’importo non dichiarato nei casi di Paesi non white list e cioè il minimo edittale ridotto di 1/4.

Inoltre, chi partecipa alla regolarizzazione spontanea non sarà perseguibile per omessa, infedele o fraudolenta dichiarazione, per l’omesso versamento di ritenute certificate e l’omesso versamento dell’Iva.

Come si diceva, la convenienza dell’adesione al procedimento di Voluntary Disclosure, non può dirsi ugualmente vantaggiosa per chiunque e va studiata caso per caso.

Ci si dovrà chiedere, ad esempio, se il soggetto che intende valutare se procedere alla regolarizzazione possa essere incorso in condotte che abbiano implicazioni penali e di che tipo (ad esempio riciclaggio, anche a seguito dell’introduzione del reato di “Autoriciclaggio”).

La legge ha introdotto infatti, come noto, il nuovo reato di autoriciclaggio, istituto che mira a punire chi impiega in attività economiche o finanziarie il denaro sottratto al fisco o preveniente da altre attività de-littuose, cercando di occultarne la provenienza, con pene graduate a seconda della gravità del reato presupposto.

Andrà verificato se il patrimonio da regolarizzare era detenuto in un paese white list o in uno non white list.

Nel caso di paesi white listi e di investimento non finanziario (ad esempio un immobile non dichiarato in RW) detenuto in un paese white list la sanzione è pari all’1,5% per ogni anno di mancata dichiarazione, tenendo conto del principio del “cumulo giuridico” (art. 12 del decreto legislativo 472/1997) in base al quale nel caso di violazione reiterata, la sanzione irrogata viene debitamente incrementata rispetto alla sanzione prevista per la violazione più grave e diviene definibile nella misura di 1/3 (in adesione).

Nel caso di investimenti finanziari in paesi white list converrà preliminarmente verificare se sarà possi-bile accedere alla modalità di disclosure a forfait, la qual cosa comporterebbe di certo una minor mole di documentazione da produrre, spesso non più rintracciabile o recuperabile con difficoltà enormi. Tra gli aspetti da valutare, infatti, si dovrà verificare se si è in grado di reperire tutti i documenti richiesti. In-fatti, al momento della richiesta il contribuente sarà tenuto ad esibire la documentazione completa su investimenti e attività finanziarie costituiti o detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta persona, rispondendo su come si sono costituiti e sui guadagni realizzati negli ultimi 10 anni in termini di interessi, dividendi, plusvalenze. E potrà anche nascere l’esigenza di presentare una contemporanea disclosure interna (nazionale) per tutte le ipotesi di dismissione e reinvestimento in Italia di beni inizial-mente detenuti all’estero e produttivi di reddito. Il costo complessivo in questo caso sarebbe dato dalla somma delle imposte sul reddito evase, delle sanzioni sulle imposte ridotte di un quarto e definibili con il pagamento del sesto, delle sanzioni per mancata dichiarazione nel quadro RW;

Nel caso poi di investimenti non dichiarati in RW e detenuti in un paese NON white list bisognerà verifi-care se il paese non white list non abbia stipulato un accordo per un effettivo scambio di informazioni con l’Italia entro 60 giorni dalla entrata in vigore della norma.

Nel caso della Svizzera, paese tanto amato dagli italiani potenzialmente interessati alla disclosure, l’ac-cordo è di fatto già pronto e prevederà lo scambio di informazioni su richiesta fino a che non entrerà in vigore lo scambio automatico, probabilmente dal 2018, con la conseguente cancellazione della Svizze-ra dall’elenco dei paesi non white list. In caso di risposta negativa la sanzione base sarà pari al 6% ridu-cibile al massimo al 3% e varrà inoltre la regola generale del raddoppio dei termini di accertamento.


Paolo Battaglia

Dottore Commercialista in Ragusa

studiobattaglia@crescitapmi.it


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