In caso di applicazione del regime CFC, vale a dire l’imputazione dei redditi conseguiti dalla società controllata non residente ai sensi dell’art. 167, c.1, TUIR, sono accreditabili non solo le imposte pagate dalla stessa nel proprio Stato estero di residenza ma anche quelle assolte in tutti gli altri Paesi esteri nella misura effettivamente a carico della CFC. Questo è il chiarimento offerto nella recente RM 112/E/2017 dell’11 agosto scorso.

In tempo di dichiarazioni dei redditi questo ampliamento della detrazione è estremamente importante.

Brevemente si vuole riassumere la disciplina celle CFC. Se un soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, il controllo di un’impresa, di una società o altro ente, residente o localizzato in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, i redditi conseguiti dal soggetto estero controllato sono imputati, a decorrere dalla chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato, ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni da essi detenute. Ciò si applica anche per le partecipazioni di controllo in soggetti non residenti relativamente ai redditi derivanti da loro stabili organizzazioni assoggettati ai predetti regimi fiscali privilegiati. Ricordiamo che i regimi fiscali, anche speciali, di Stati o territori si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia. 

I redditi del soggetto non residente, imputati ai sensi del quanto sopra, sono assoggettati a tassazione separata con l’aliquota media applicata sul reddito complessivo del soggetto residente e, comunque, non inferiore all’aliquota ordinaria dell’imposta sul reddito delle società. I redditi sono determinati in base alle disposizioni applicabili ai soggetti residenti titolari di reddito d’impresa, ad eccezione dell’articolo 86, comma 4. Dall’imposta così determinata sono ammesse in detrazione, ai sensi dell’articolo 165, le imposte pagate all’estero a titolo definitivo. Ora quest’ultimo al comma uno detta se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.

Due esimenti evitano l’applicazione della disciplina della CFC. Precisamente, se il soggetto residente dimostra alternativamente che:

  1. la società (o altro ente non residente) svolge un’effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nel mercato dello stato o territorio di insediamento; per le attività bancarie, finanziarie e assicurative quest’ultima condizione si ritiene soddisfatta quando la maggior parte delle fonti, degli impieghi o dei ricavi originano nello Stato o territorio di insediamento.
  2. dalle partecipazioni non consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.

Al fine di chiarire l’esistenza di una delle due esimenti il contribuente può presentare interpello ai sensi dello Statuto dei diritti del contribuente (L. 212/2000 art. 11 c.1, lett. b). Ricordiamo inoltre che la presentazione dell’interpello, con l’esito relativo va indicato nel quadro RC del modello redditi e che, l’incompleta o omessa indicazione è punita con una sanzione pari al 10% del risultato di esercizio della controllata, rapportata alla percentuale di partecipazione, con un minimo di mille euro ed un massimo di 50 mila euro.

Alla conclusione riportata all’inizio del presente lavoro, l’Agenzia ci arriva con i seguenti passaggi, premettendo come nell’ambito del regime antielusivo in esame non assuma alcuna rilevanza la definizione di “reddito prodotto all’estero” che, ai sensi del combinato disposto dei commi 1 e 6 dell’articolo 167 del TUIR, coincide necessariamente con i redditi conseguiti dal soggetto estero ed imputati per trasparenza al socio residente in proporzione alle partecipazioni dallo stesso detenute.

Inoltre specifica che nel regime CFC non trovano applicazione né il criterio della lettura “a specchio” dell’articolo 23 del TUIR, né il criterio di collegamento stabilito nella specifica Convenzione contro le doppie imposizioni di volta in volta applicabile: criteri in base ai quali, ordinariamente, nella disciplina delineata dall’articolo 165 del TUIR deve essere verificata la spettanza del diritto al credito in relazione a ciascun elemento di reddito estero. Coerentemente, non risulta applicabile neanche il meccanismo della “per country limitation” di cui al comma 3 dell’articolo 165 del TUIR che impone di operare il calcolo della detrazione singolarmente per ciascuno Stato estero di produzione del reddito.

Nel regime CFC il credito è calcolato in via “isolata” con riferimento a tutti i redditi della società estera, imputati per trasparenza in capo al socio italiano, secondo il diverso meccanismo della “per company limitation”. In altri termini, i redditi della CFC sono considerati unitariamente a prescindere dal fatto che siano stati realizzati in più di uno Stato estero.

L’Agenzia ritiene che queste caratteristiche giustificano quanto indicato nell’articolo 167 che si riferisce genericamente alle imposte pagate all’estero a titolo definitivo senza nessuna limitazione territoriale. La norma inoltre non fa nessun richiamo al fatto che la detrazione spetta, in caso di reddito prodotto all’estero, solo per le imposte pagate (art. 165, c.1TUIR).

La precipua volontà del legislatore di non circoscrivere il riconoscimento della detrazione alle sole imposte pagate nello Stato di residenza della CFC trova indiretta conferma nel D.M. 21 novembre 2001, n. 429 che, in quanto normativa di dettaglio della disciplina CFC, avrebbe potuto chiarire o circoscrivere meglio le modalità attraverso le quali eliminare la doppia imposizione conseguente alla tassazione per trasparenza, in capo al socio italiano, dei redditi della controllata estera. Invece, l’articolo 3, comma 3, del citato decreto attuativo, sul punto, si limita a precisare che possono “essere ammesse in detrazione le imposte pagate all’estero a titolo definitivo dall’impresa, società o ente non residente”, ovvero quelle pagate dalla sola CFC. 

Per tutto quanto sopra quindi, le imposte estere accreditabili in Italia, in caso di imputazione per trasparenza dei redditi conseguiti dalla società controllata non residente ai sensi dell’articolo 167, c. del TUIR, consistano non solo nelle imposte pagate dalla medesima nel proprio Stato di residenza ma anche in quelle assolte in altri Paesi esteri, nella misura in cui le stesse siano rimaste effettivamente a carico della CFC.


Luca Santi

Dottore Commercialista in Verona

luca.santi@studiosanti.co.uk


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