Questo istituto ha acquisito diritto di cittadinanza grazie alla convenzione sulla legge applicabile ai trust e sul loro riconoscimento, la c.d. Convenzione dell’Aja, ratificata in Italia con la L. 9 Ottobre 1989, n. 364[1], ed entrata in vigore a partire dal primo gennaio 1992[2].

Punti salienti della norma sono, in sintesi:

¨     la segregazione del patrimonio e il relativo principio della non aggredibilità del patrimonio del trust dai parte dei creditori delle parti in causa; esso è un effetto naturale ed imprescindibile dell’istituto

¨     la liceità, determinatezza e possibilità del trust

¨     carattere unilaterale del negozio istitutivo del trust

¨     la determinazione o determinabilità dei beneficiari, se non trattasi di trust di scopo.

La firma della Convenzione dell’Aja, il 1 Luglio 1985, ha permesso il riconoscimento di questo istituto in quei paesi di diritto romanistico e germanistico che ancora non lo prevedevano tramite una trasposizione del diritto internazionale privato dei principi di common law.

Il suo intento è duplice:

  1. far meglio conoscere e comprendere dai giuristi di tradizione romanistica la reale portata dell’istituto del trust e le sue potenzialità
  2. permettere la diffusione e la circolazione di quest’ultimo anche nei paesi di diritto romanistico

La convenzione dell’Aja ha esplicato quello che prende il nome di modello internazionale del trust, ossia un complesso di regole, di origine legislativa, che caratterizzano le leggi promulgate nell’ultimo ventennio da Stati con regime fiscale privilegiato.

Il modello internazionale si differenzia dal diritto inglese, dal quale tuttavia trasla gli elementi fondamentali della disciplina giuridica, per aver dettato soluzioni innovative in alcune materie e per aver disciplinato legislativamente materie che nel diritto inglese sono appannaggio di una giurisprudenza o non del tutto sicura o del tutto certa, qual è la common law.

L’istituto deve essere in forma scritta sulla base delle disposizioni della Convenzione dell’Aja e pur in mancanza di regole prefissate è chiaro che dovrà uniformarsi alle norme del codice civile ed in particolare all’art. 1350 sulle norme obbligatorie di legge per specifici contratti.

Nell’atto istitutivo devono essere indicati i seguenti dati:

  • tipo
  • domicilio
  • legge regolatrice
  • generalità del trustee e suoi poteri
  • generalità del protector e suoi poteri
  • generalità dei beneficiari oppure lo scopo del trust
  • durata
  • disposizioni per il rimpiazzo del trustee, del protector e dei beneficiari.

Il modello internazionale tende a risolvere il problema della responsabilità del trustee in modo diverso dal diritto inglese, infatti qui il trustee è al riparo dalle pretese di terzi purchè egli si qualifichi come trustee nell’assumere una obbligazione, e quindi i terzi possono agire unicamente sui beni del trust.

In definitiva il trust si propone come uno strumento per proteggere il patrimonio, utile a quanti svolgono ad esempio un’attività imprenditoriale o professionale per mettere al riparo i propri beni dalle pretese dei creditori di tale esercizio e proprio per questa sua caratteristica è stato più volte usato per fini non proprio leciti vista anche la poca chiarezza delle sue caratteristiche strutturali.

Per chiarire questo punto è utile analizzare il rapporto che si viene ad instaurare tra le parti coinvolte e i creditori delle stesse.

Mentre i beni dei trust sono sempre posti al riparo dai creditori personali del trustee e del settlor, ove non vi sia la certezza della frode operata ai danni dei creditori[3], per quanto riguarda l’azione di rivalsa dei creditori del beneficiario, l’unico modo che questi hanno per aggredire i beni del trust è pignorare il diritto che il beneficiario detiene nei confronti del trustee.

Si pongono al riguardo due possibili alternative legate alla natura stessa del diritto; bisogna operare una prima fondamentale distinzione tra beneficiari del reddito e beneficiari del capitale; solo quest’ultima posizione è in sostanza meritevole di considerazione in ordine al fatto che il diritto al reddito del beneficiario, secondo le disposizioni dettate dalla convenzione dell’Aja, non è mai aggredibile[4].

Seconda clausola per avviare l’azione di pignoramento è che il diritto del beneficiario sia certo, indi è esclusa tale possibilità di rivalsa di fronte a trust discrezionali.

[1] L’art. 2 della legge n. 364/1989 ha dato piena esecuzione in Italia della Convenzione senza esprimere alcuna riserva e ha lasciato spazio alla possibilità di utilizzare una qualsivoglia legislazione che regoli il trust. L’utilizzo di trustees stranieri o di atti redatti in lingua straniera, tuttavia, potrebbe rivelarsi non sempre opportuno, visto che comunque l’istituto deve rispettare le prescrizioni e le formalità interne.

[2] Seppur con talune sostanziali differenze l’istituto del trust è un fenomeno analogo alla nostra “fiducia statica”.

[3] In questa ipotesi i creditori possono ricorrere ai rimedi previsti dall’ordinamento vigente per reintegrare la garanzia patrimoniale del settlor.

[4] Per far fronte a tali possibilità nel diritto inglese sono state introdotte clausole di tutela: si consideri la protective trust, in virtù della quale il diritto al reddito del beneficiario non si concretizza al verificarsi di determinati eventi, quindi, al momento dell’esecuzione nessun credito si trova nel patrimonio del beneficiario (è inoppobilile in caso di fallimento del beneficiario); la spendthrift che permette al settlor di attribuire al beneficiario un interest intrasferibile, né volontariamente, né per forza di legge. Il modello internazionale prevede l’asset protection trust che: 1. può contenere o una clausola spendthrift o una protective, 2. è in favore dello stesso disponente, 3. prevede la risposta del trustee alle istruzioni del settlor, 4. prevede la localizzazione del trustee e dei beni in trust nel paese off-shore, 5. è di breve durata.

 

Cristina Rigato

Dottore Commercialista e Revisore Contabile

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