La residenza fiscale delle società è determinata sulla base delle legislazioni nazionali e secondo il Modello Ocse di convenzione contro le doppie imposizioni.

Quando non è possibile attribuire univocamente la residenza ad una società i conflitti tra gli ordinamenti si risolvono considerando prevalente il concetto della direzione effettiva della società.

In concreto i redditi prodotti da una società costituita all’estero sono attratti alla fiscalità italiana nel caso in cui tale società sia, di fatto, amministrata dall’Italia.

In pratica una società costituita nel Regno Unito che abbia la sede della direzione effettiva in Italia si presume sia estero vestita ed i suoi redditi vengono assoggettati a tassazione in Italia in virtù del principio della tassazione dei redditi ovunque prodotti.

Una società avente sede legale in Italia e sede della direzione effettiva nel Regno Unito sarebbe una società non residente in Italia ai fini fiscali e sarebbero assoggettati in Italia esclusivamente i redditi ivi prodotti.

Il punto focale della questione, per assoggettare a tassazione in Italia i redditi ovunque prodotti, è la determinazione dell’esistenza di un centro decisionale nel territorio dello Stato.

La costruzione giuridica che consente di determinare la residenza delle società “esterovestite” si base sulla presunzione legale relativa che localizza nel territorio dello Stato italiano la sede dell’amministrazione di società ed enti non residenti, nel caso in cui:

  • Detengono direttamente partecipazioni di controllo in società di capitali ed enti commerciali residenti;
  • Sono controllati, anche indirettamente, da soggetti residenti nello stato italiano ovvero sono amministrati da un Consiglio di amministrazione o altro organo di gestione, composto in prevalenza da soggetti residenti in Italia.

Prima di esaminare i vari aspetti della presunzione legale relativa che pone a carico del soggetto estero  l’onere di vincere la presunzione di residenza fiscale nel territorio italiano è necessario sottolineare che tutto questo sistema di presunzioni si regge su congetture che sono state elevate alla dignità di presunzione legale relativa.

La congettura di base discende dalla convinzione quasi maniacale che tutti i gruppi sovrannazionali siano posti in essere con l’obiettivo di diminuire il carico fiscale del gruppo sfruttando le legislazioni estere favorevoli.

Per vincere la presunzione di residenza fiscale nel territorio italiano il soggetto estero dovrà dimostrare un effettivo e concreto radicamento della direzione effettiva al di fuori dell’Italia, non necessariamente nel paese ove ha la sede legale la società estera. Immaginiamo una società con sede legale a Como e centro decisionale a Lugano, società che produce scarsi redditi in Italia e profitti mirabolanti in giro per il mondo.

Le argomentazioni dovranno essere adeguate e dovranno basarsi sull’esistenza di elementi di fatto incontestabili.

Tra gli elementi di prova utili o necessari a dimostrare che la sede dell’amministrazione effettiva è situata all’estero si considerano:

  1. La maggioranza dei componenti del Consiglio di amministrazione o altro organo di gestione sono fiscalmente residenti all’estero. A nulla vale osservare che una simile presunzione-congettura viola il principio della libertà economica ed impedisce di fatto a soggetti italiani di svolgere legittimamente un’attività professionale quale è appunto quella di amministratore di società che, a volte, sono di importanza economica e finanziaria rilevante.
  2. Le riunioni del Consiglio di Amministrazione e le Assemblee dei soci si tengono regolarmente all’estero. Biglietti di treno o aereo, ricevute di alberghi e ristoranti sono tenuti in debita considerazione. Il pensiero corre alle gite scolastiche. Il bello viene per le società dove le Assemblee dei soci sono state sostituite dalle decisioni dei soci, decisioni che possono essere adottate in forma orale, scritta, a mezzo sistemi informatici quali le mail o le videoconferenze.
  3. Effettivo esercizio dei poteri decisionali da parte degli amministratori. Il che vale quanto dire che di regola gli amministratori di società altro non sono che dei prestanome, immaginiamo per le presunte esterovestite.

E’ evidente che quello della esterovestizione è un campo minato ove non esistono regole certe e dove la decisione finale è affidata, in prima battuta, ad una delle parti.

Infatti è l’Amministrazione fiscale stessa che decide sull’accettabilità o meno degli elementi di diritto e di fatto che consentono di vincere la prova legale relativa.

Ma non basta. Da questo marasma di congetture possono emergere anche ipotesi penalmente rilevanti quali l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi o il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici in caso di creazione all’estero di società prive di reale struttura organizzativa e preordinate alla sottrazione di materia imponibile al Fisco italiano.

Investimenti italiani all’estero e viceversa, tutela e sfruttamento dei brevetti, gestione delle partecipazioni di gruppo per il fisco italiano sono operazioni del tutto legittimi ma sono assorbite dalla congettura che, tutto sommato, siano principalmente ipotesi da esercitazione scolastica.


Guido Ascheri

Ragioniere commercialista in Londra

info@ascheri.co.uk

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