Il nostro Carletto come ricordiamo si è trasferito a Londra al seguito dei suoi sudati risparmi.

Non è più ritornato in Italia neppure per le vacanze o per portare i fiori sulla tomba dei genitori.

Qualche volta, per il vero sempre più raramente, si concede lo sfizio di leggere qualche giornale italiano: quelli ove scrivono di tasse e affini.

E’ di questi giorni la notizia dello “split payement” per le fatture emesse nei confronti della Pubblica Amministrazione.

Che cos’è questo split payment si chiede il Carletto che comincia a masticare un pochino di inglese.

La risposta la trova in un Comunicato del Ministero dell’Economia e delle finanze ove il Carletto legge che è in fase di perfezionamento il decreto di attuazione delle nuove disposizioni in materia di scissione dei pagamenti (split payment). La norma stabilisce che le pubbliche amministrazioni acquirenti di beni e servizi, ancorché non rivestano la qualità di soggetto passivo dell’IVA, devono versare direttamente all’erario l’imposta sul valore aggiunto che è stata addebitata loro dai fornitori.

Il Carletto non capisce: lui non ha frequentato le scuole alte ma ha sempre coltivato autonomamente gli studi giuridici con particolare attenzione alla normativa fiscale.

Insomma, si dice il Carletto, un pochino ne capisco, almeno mi pareva.

Per l’imprenditore l’iva è una imposta neutrale. Il soggetto inciso è il consumatore finale e la Pubblica Amministrazione è consumatore finale. Il contribuente porta a credito l’imposta assolta sugli acquisti e porta a debito quella addebitata ai clienti, operazione per la quale ha il diritto-dovere di effettuare la rivalsa. Quindi se l’Iva incassata è superiore a quella pagata a monte io devo, pena le immancabili sanzioni anche penali, versare il saldo alle dovute scadenze. Se l’Iva incassata a valle è inferiore a quella pagata ai fornitori io sono creditore nei confronti dell’Erario, che, forse, prima o poi, mi rimborserà.

All’origine era così ed era semplice.

Vediamo gli effetti di questa estemporanea novità che sicuramente si inserisce nella lotta all’evasione fiscale. Fornisco beni alla Pubblica Amministrazione che mi paga, eufemismo tanto pericoloso quanto incerto, ma… attenzione non mi versa l’IVA dovuta, procede a versarla direttamente all’Erario. Con questo semplice giochetto delle tre carte si è vittoriosamente combattuto il fenomeno dell’evasione fiscale: l’imprenditore non può omettere di versare all’Erario quanto non gli è stato corrisposto.

Come non averci pensato prima si dice il Carletto, eppoi, in questo caso non c’è trucco e non c’è inganno.

La diffidenza nei confronti dell’Erario, quella stessa diffidenza che lo ha spinto ad emigrare, ha il sopravvento.

Ampia ed esauriente riflessione.

Ecco il risultato: se verso ai fornitori mille euro a titolo di Iva e vendo alla Pubblica Amministrazione addebitando 1200 euro di Iva che non mi saranno corrisposti che cosa succedeva e che cosa succederà?

Una volta, fatti i debiti calcoli, versavo all’erario duecento. Oggi, rifatti i conteggi, non verso nulla all’Erario ma non recupero i mille euro che ho versato ai fornitori. Quindi, ci rimetto mille euro, tondi tondi.

Non ci sarà il trucco ma di certo c’è l’inganno.

Guido Ascheri

Ragioniere commercialista in Londra

info@ascheri.co.uk


.