In un precedente e dettagliato articolo (leggi: “Quando il fondo patrimoniale non tutela”) abbiamo spiegato cosa la legge intende per “bisogni della famiglia”. Si era detto, in particolare, che solo i creditori per i debiti derivanti da spese volte a soddisfare bisogni della famiglia possono aggredire i beni inseriti nel fondo patrimoniale. Gli altri creditori – quelli cioè per debiti contratti per il soddisfacimento di esigenze non di tipo familiare – dovranno soddisfarsi su altri beni (se ve ne sono).

Tutte le spese, quindi, che non sono volte al mantenimento e all’armonico sviluppo della famiglia, ma che sono di natura voluttuaria (per esempio, l’acquisto di una macchina di lusso) o derivanti da interessi speculativi (per esempio, i creditori dell’azienda di uno dei due coniugi) non possono considerarsi rivolte a “bisogni della famiglia”. Con la conseguenza che i relativi creditori non potranno aggredire il fondo patrimoniale.

Ma a chi spetta la prova?

Spetta al debitore dimostrare che la spesa da questi contratta era nata per esigenze estranee ai bisogni della famiglia. Ma questo non basta. Egli deve inoltre dimostrare che di ciò il creditore era consapevole. È quanto stabilito dalla cassazione con una recente sentenza [1].

Per esempio, se un creditore ha iscritto ipoteca su un immobile inserito nel fondo patrimoniale, il debitore (che agisca davanti al giudice per contestarne l’illegittimità) deve anche provare che il debito per cui è stata iscritta l’ipoteca è stato contratto per uno scopo estraneo ai bisogni della famiglia e che il creditore era a conoscenza di tale circostanza. Così, se il creditore ha in mano delle cambiali, il debitore dovrà riuscire a tirare fuori il contratto con cui dimostri che le cambiali sono state consegnate – per esempio – per l’acquisto di una Ferrari.

Insomma, l’onere della prova spetta al debitore. Certo, non sarà difficile dimostrare che l’acquisto di un macchinario per l’azienda non sia stato fatto per bisogni primari della famiglia, così come non è difficile dimostrare che il creditore ne fosse a conoscenza.

[1] Cass. sent. n. 5385 del 5.03.2013. Cfr. anche Cass. sent. n. 4011 del 19.02.2013. “L’onere della prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 170 c.c. grava su chi intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale, sicché, ove sia proposta opposizione, ex art. 615 c.p.c., per contestare il diritto del creditore ad agire esecutivamente, il debitore opponente deve dimostrare non soltanto la regolare costituzione del fondo e la sua opponibilità al creditore procedente, ma anche che il suo debito verso quest’ultimo venne contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia, a tal fine occorrendo che l’indagine del giudice si rivolga specificamente al fatto generatore dell’obbligazione, a prescindere dalla natura della stessa: pertanto, i beni costituiti in fondo patrimoniale non potranno essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell’obbligarsi fosse quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi non in senso meramente oggettivo ma come comprensivi anche dei bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari”.


Articolo ripreso dal portale www.laleggepertutti.it

Pagina originale: Fondo patrimoniale: gli scopi estranei ai bisogni della famiglia devono essere provati dal debitore

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