La Corte di giustizia UE, con sentenza dell’11 dicembre 2014, causa C-590/13 Idexx Laboratories Italia srl contro Agenzia delle Entrate ha affermato che il diritto alla detrazione dell’IVA afferente agli acquisti intracomunitari di beni non può essere negato per via della mancata integrazione e registrazione delle relative fatture. Ancora una volta, dunque, i giudici comunitari confermato il principio secondo cui la sostanza prevale sulla forma.

Il giudizio della Corte assume particolare rilevanza poiché, come può desumersi dalle parti coinvolte nel procedimento, la fattispecie esaminata riguarda alcune norme del nostro ordinamento, spesso (seppur non sempre ultimamente) interpretate da prassi e giurisprudenza in ossequio al principio della prevalenza della forma sulla sostanza.

La questione pregiudiziale verte sul diritto alla detrazione dell’IVA relativa agli acquisti intracomunitari di beni effettuati da una società italiana (Idexx), che gode del pieno diritto di detrazione dell’imposta afferente alla propria attività d’impresa, ma che non aveva operato nel rispetto degli obblighi previsti dagli artt. 46 e 47 del DL 331/93. La società, infatti, non aveva applicato il meccanismo del reverse charge, ossia non aveva provveduto a numerare ed integrare le fatture ricevute dai fornitori comunitari (indicandovi l’aliquota Iva applicabile e l’imposta dovuta) e ad annotare le stesse sia nel registro IVA degli acquisti intra-comunitari che nel registro IVA delle vendite intra-comunitarie.

L’Agenzia delle Entrate, a seguito di verifica fiscale, aveva contestato il mancato rispetto dei suddetti obblighi e conseguentemente aveva proceduto a rettificare la dichiarazione annuale IVA, disconoscendo il diritto alla detrazione e pretendendo il versamento dell’imposta; l’Agenzia delle Entrate aveva, inoltre, applicato una sanzione pari al 100% dell’imposta.

Chiamata ad esprimersi sulla questione, la CTR Lombardia confermava la posizione dell’Agenzia delle Entrate, osservando che l’omessa registrazione delle fatture in questione costituisce “una violazione attinente non alla forma, bensì alla sostanza, integrando un’infrazione tale da giustificare la rettifica o l’accertamento”.

Forte della convinzione che gli acquisti intracomunitari –non facendo sorgere né debiti né crediti d’imposta- non producono effetti sostanziali, ma solo obblighi formali di annotazione “di una partita di giro nei due registri IVA” è ricorsa alla Corte di Cassazione.

I supremi giudici hanno rimesso la questione alla Corte di giustizia ritenendo che la soluzione della controversia risieda nell’interpretazione da dare alla sentenza Ecotrade (cause riunite C-95/07 e C-96/07 dell’8 maggio 2008)

Ebbene, come ricordato dai supremi giudici, il caso Ecotrade (i cui principi sono stati confermati in occasione della causa C-284/11 del 12 luglio 2007 EMS Bulgaria Transport OOD) ha generato, nell’ordinamento giuridico nazionale, due differenti filoni interpretativi:

  • un primo filone in base al quale il diritto alla detrazione è subordinato al rispetto degli obblighi -aventi dunque natura sostanziale- di autoliquidazione dell’imposta e di duplice registrazione della fattura comunitaria debitamente integrata (in tal senso Cass. 20 marzo 2013 n. 6925, Cass. 11 settembre 2013 n. 20771, Cass. 23 ottobre 2013 n. 24022);
  • un secondo filone in base al quale il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui l’IVA diviene esigibile (come prescritto dall’art. 19 che recepisce le previsioni di cui all’art. 167 della Direttiva 2006/112/CE) e non a seguito del compimento delle formalità previste per l’esercizio di tale diritto, con la conseguenza che queste ultime hanno mera natura formale (in tal senso Cass. 5 maggio 2010 n. 10819; Cass. 8 aprile 2013 n. 8038; Cass. 6 settembre 2013 a cui fanno eco le posizioni assunte dall’Agenzia delle Entrate dapprima con RM 6 marzo 2009 in recepimento del caso Ecotrade e, più di recente, con C.M. 18 dicembre 2013 n. 35/E); secondo tale orientamento, dunque, il mancato adempimento degli obblighi formali non determina il venir meno del diritto alla detrazione, ma può giustificare l’applicazione di sanzione amministrative.

I giudici europei confermano che la sentenza Ecotrade deve essere interpretata nel senso indicato dal secondo filone. Invero, in ossequio al principio di neutralità dell’imposta, il diritto alla detrazione dell’IVA deve essere riconosciuto se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti e ne sia data prova certa. Ciò vale anche se il soggetto passivo non ha adempiuto taluni obblighi formali, a patto però che la violazione dei requisiti formali non abbia l’effetto di impedire che sia fornita prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali.

In caso di acquisti intracomunitari di beni, i requisiti sostanziali esigono che:

  • gli acquisti siano stati effettuati da un soggetto passivo;
  • il soggetto passivo sia debitore dell’IVA relativa a tali acquisti;
  • i beni siano utilizzati al fine di porre in essere operazioni imponibili (o, deve intendersi, altre operazioni che danno diritto alla detrazione dell’imposta).

Certamente non è casuale che la Corte di giustizia non richiami, nel suo ragionamento, le disposizioni di cui all’art. 242 della Direttiva n. 2006/112/CE, che pone a carico di ogni soggetto passivo l’obbligo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata per consentire l’applicazione dell’IVA e il suo controllo da parte dell’Amministrazione fiscale. Invero, questa disposizione non può far giungere ad una conclusione diversa rispetto a quella pronunciata.

In nuce, ciò che importa, ai fini del diritto alla detrazione dell’IVA, è l’effettività dell’acquisto.

Ed infatti, quando l’acquisto viene meno, viene meno anche il diritto alla detrazione ad esso connesso, come sostenuto dalla stessa Corte di giustizia nella sentenza del 13 marzo 2014, causa C-107/2013, Firin OOD. La causa aveva ad oggetto il diritto alla detrazione dell’imposta assolta su una fattura di acconto per una cessione di beni che non si è mai perfezionata. Posti di fronte ad un simile mutamento delle condizioni esistenti al momento della fatturazione dell’anticipo, i giudici comunitari concludono che l’amministrazione finanziaria ha titolo per esigere la rettifica dell’IVA inizialmente detratta, oltretutto a nulla rilevando che il fornitore resti debitore di tale imposta e non abbia rimborsato l’acconto.

Si auspica adesso un indirizzo unitario della Corte di Cassazione che, anche successivamente al rinvio pregiudiziale, ha continuato a prendere posizioni altalenanti prediligendo a volte la forma (si veda Cass. 12 febbraio 2014 n. 3107), a volte la sostanza (si veda Cass. 21 maggio 2014 n. 11168).


Simonetta La Grutta

Fonte: Fisco e diritto 19 Gennaio 2015


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