L’art. 23 del Tuir stabilisce che i redditi di lavoro autonomo sono soggetti ad imposizione in Italia se l’attività è esercitata nel territorio dello Stato italiano. Diversamente, se l’attività non è esercitata nel territorio dello Stato italiano, i redditi di lavoro autonomo non sono soggetti a tassazione nel nostro paese. Se l’attività viene esercitata parte in Italia e parte all’estero nasce l’esigenza di ripartire il compenso domestico e quello estero.

I professionisti non residenti possono essere tassati solamente se dispongono nel nostro stato di una base fissa come, ad esempio, un ufficio. In mancanza della base fissa, anche se la prestazione è stata svolta in Italia, la stessa non sconterà la ritenuta del 30%.

I redditi derivanti dall’esercizio di una libera professione o da altre attività di carattere indipendente sono disciplinati dall’articolo 7 Modello OCSE quali utili delle imprese.

La piena assimilazione al reddito di impresa determina un chiaro rinvio alle disposizioni dell’art. 5 del modello relativo alla stabile organizzazione e quindi la necessità di attribuire alla stabile organizzazione gli utili che questa avrebbe conseguito se si fosse trattato di un’impresa distinta e separata che svolge attività identiche o analoghe in condizioni identiche o analoghe.

L’art. 25 co. 2, D.P.R. 600/1973 stabilisce che “se i compensi e le altre somme di cui al comma precedente sono corrisposti a soggetti non residenti, deve essere operata una ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 30%”. La norma precisa inoltre che “ne sono esclusi i compensi per prestazioni di lavoro autonomo effettuate all’estero e quelli corrisposti a stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti”.

Abbiamo visto che i trattati affrontano il criterio di tassazione dei professionisti stabilendo che i redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae dall’esercizio di una libera professione o da altre attività di carattere indipendente sono imponibili soltanto in detto Stato a meno che tale residente non disponga abitualmente nell’altro Stato contraente di una base fissa per l’esercizio delle sue attività.

Se egli dispone di tale base fissa, i redditi sono imponibili nell’altro Stato, ma unicamente nella misura in cui sono attribuibili a detta base fissa.

Bisogna quindi valutare attentamente de le prestazioni del professionista estero sono occasionali o se egli dispone di una base fissa, costituita ad esempio di un ufficio a prescindere dal titolo in base al quale lo utilizza. Se il professionista non dispone di una base fissa, la Convenzione esclude la tassazione in Italia. Se, invece, dispone di una base fissa, la Convenzione e la normativa interna italiana (art. 23 D.P.R. 917/1986) prevedono la tassazione in Italia su base analitica.

Qualora il professionista non residente non disponga di una base fissa (stabile organizzazione) in Italia, è possibile chiedere il rimborso della ritenuta eventualmente subita.


Cristina Rigato

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