I trust esteri si contraddistinguono per un elevato livello di privacy e un’autonomia gestoria molto più marcata rispetto a quella di cui ordinariamente godono gli altri istituti. Inoltre, all’estero, a differenza di quanto avviene in Italia, l’istituzione di un trust risulta particolarmente agevole e svincolata ad eccessive restrizioni volte alla tutela di eventuali controparti. Da ultimo si osservi che, sempre in tali paesi, un trasferimento di beni in trust non verrà ritenuto illegittimo se avvenuto prima che sia sorta una ragione di credito verso il disponente.

Il trust è tuttavia difficilmente aggredibile attraverso l’uso della norma antielusiva in quanto gli atti ed i fatti connessi ad esso non sono facilmente inquadrabili nell’elenco del terzo comma. Il trust si presta piuttosto ad essere contrastato attraverso l’istituto dell’interposizione. L’art. 37, co. 3, D.P.R. 600/73 stabilisce che “In sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quanto sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona”.

La circolare ministeriale n.61/E/2010 evidenzia le nuove ipotesi di interposizione: Trust in cui è previsto che il trustee debba tener conto delle indicazioni fornite del disponente in relazione alla gestione del patrimonio e del reddito da questo generato; Trust in cui il disponente può modificare nel corso della vita dei trust i beneficiari; Trust in cui il disponente ha la facoltà di attribuire redditi e beni del trust o concedere prestiti a soggetti dello stesso individuati; Ogni altra ipotesi in cui potere gestionale e dispositivo del trustee, così come individuato dal regolamento del trust o dalla legge, risulti in qualche modo limitato o anche semplicemente condizionato dalla volontà del disponente e/o dei beneficiari.

La C.M. n.61/E/2010 affronta tra l’altro anche il caso del beneficiario estero di un trust residente in Italia. L’Agenzia precisa che il reddito imputato ad un beneficiario va considerato prodotto in Italia ai sensi del principio generale sancito dall’art. 23, lett. b), D.P.R. 917/1986 che prevede l’imponibilità nei confronti di soggetti non residenti dei redditi di capitale “corrisposti” dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni in Italia di soggetti Esteri.


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