In un caso portato all’attenzione della Corte Suprema sono stati stipulati dei patti di opzione su azioni che hanno consentito al consiglio di amministrazione di Watchfinder l’assoluto potere decisionale di negare il consenso all’esercizio delle opzioni. Quando i titolari delle opzioni ne hanno chiesto l’esercizio, il consiglio di amministrazione si e’ rifiutato di accordare tale consenso. I titolari delle opzioni hanno citato in giudizio Watchfinder onde ottenere un rimedio specifico che consentisse loro l’esercizio delle proprie opzioni.

La Corte Suprema ha affermato che il consiglio di amministrazione non dovrebbe avere il diritto incondizionato di vietare l’esercizio delle opzioni. Se lo facesse, le opzioni sarebbero “senza senso” poiche’ i richiedenti non si troverebbero in una posizione differente da quella di ogni altra persona che chiede di comprare azioni in Watchfinder.

Tuttavia, la Corte ha chiarito che la clausola presente nell’accordo, la quale prevedeva il diritto di rifiutare il consenso all’esercizio delle opzioni, non poteva essere totalmente disattesa. La Corte ha sostenuto che tale clausola agisce come una restrizione o una qualifica sul diritto di esercitare le opzioni, il che significa che gli amministratori avevano il potere di rifiutare l’esercizio delle opzioni in determinate circostanze, non il diritto assoluto di rifiutarle in tutte le circostanze. La decisione in questione ricalca le orme di una precedente sentenza della Corte Suprema (Braganza v BP Shipping) dove questa aveva stabilito che un soggetto che esercita il potere decisionale deve assicurarsi che tale potere non venga esercitato in modo arbitrario, irrazionale o “capriccioso”.

Nel caso di specie, il consiglio di amministrazione non è stato in grado di dimostrare che il suo potere decisionale era stato esercitato nel rispetto dei principi sopra menzionati per diverse ragioni. Come prima cosa, il Consiglio di amministrazione non aveva redatto alcun verbale ed aveva chiesto di affidarsi solamente a prove prive di fondamento portate da due amministratori. Dalle prove che sono state prodotte, la Corte aveva rilevato che solo il Presidente del consiglio di amministrazione aveva parlato con gli altri amministratori e che la questione era stata trattata rapidamente e non erano stati presi in considerazione fattori rilevanti.

Pertanto, la Corte ha stabilito che il consiglio di amministrazione di Watchfinder non ha seguito un corretto processo nel prendere la decisione, avendo sostanzialmente agito in modo irragionevole e i ricorrenti sono riusciti a costringere Watchfinder a consentire l’esercizio delle proprie opzioni.

Questo caso evidenzia la necessita che gli amministratori non solo rispettino rigorosamente i propri obblighi previsti dallo statuto, ma anche l’importanza di tenere sempre una chiara traccia cartacea del processo decisionale, in particolar modo con riferimento a quelle decisioni che richiedono l’esercizio del loro potere discrezionale. Nel prendere una decisione, gli amministratori dovrebbero quindi assicurarsi che il verbale del consiglio di amministrazione e le delibere assembleari elenchino i fattori presi in considerazione nel processo decisionale medesimo, al fine di mostrare chiaramente come e perche’ una decisione e’ stata presa.

Gli amministratori (insieme a qualsiasi altro tipo di organo decisionale) dovrebbero anche essere prudenti nel fare affidamento a un presunto veto assoluto. Per esempio, le opzioni si intendono esercitabili (o non esercitabili) quando determinati criteri vengono soddisfatti, i quali dovrebbero essere riportati nel pertinente accordo piuttosto che fare affidamento al generale diritto di consentire l’esercizio delle opzioni.

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